Adagio Biagio

Adagio… Biagio (Angelo Ramiro Borella – Vittorio Mascheroni) 1927

Rappresenta uno tra i primi e più memorabili esempi di canzoni italiane su ritmo sincopato, a metà strada fra il “black-bottom” e il “one step”, due balli derivanti da quel “cake-walk” che nel 1903 aveva fatto la sua prima apparizione europea a Parigi, suscitando ilarità e scandalo.

Allusiva e spiritosa, raccontava di un certo Biagio che, non appena trovata la fidanzata, le chiedeva esplicitamente qualche gioia anticipata sentendosi rispondere di andare adagio, anche dopo aver ceduto ai piaceri della carne. Giocata molto sui versi iterativi del ritornello e resa frenetica dalla geniale applicazione del nuovo ritmo, derivava un ulteriore elemento di comicità proprio dal contrasto tra il testo, che consiglia la cautela, e la costruzione musicale, che suggerisce invece la fregola amorosa.

Fu soprattutto il ritornello a funzionare, una sorta di buffo scioglilingua che assunse, per chi voleva intendere, ulteriori significati alla luce delle sostanziali riforme che il fascismo stava introducendo nella struttura dello Stato e nella vita quotidiana. Presentata la prima volta dallo stesso autore in qualità di pianista dell’orchestra del Caffè Toffoloni di Milano, ottenne uno strepitoso successo fino a diventare proverbiale.

Le prime incisioni furono ad opera di cantanti come Daniele Serra in coppia con Dina Evarist, Key e Giuseppe Krismer, il buffo Paolo Bernard e in tempi recenti vi si cimentò pure Nicola Arigliano.

Curiosamente, Biagio Antonacci ha voluto intitolare il suo secondo album di studio, uscito nel 1991, proprio rifacendosi al titolo di Adagio Biagio, ispirandosi evidentemente ad una canzone diventata ormai proverbiale.